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GIULIANA GARGIULOLa donna, l’attrice, la giornalista, la scrittrice…

 

GIULIANA GARGIULO
La donna, l’attrice, la giornalista, la scrittrice…

Attrice con Eduardo, è tornata di recente sul set con Alessandro Gassmann ne “I Bastardi di Pizzofalcone”. La sua vita, come il titolo del suo ultimo libro, è sempre un “Colpo di scena”. Incontro ravvicinato con una grande testimone oculare del nostro tempo.


L’incontro come ipotesi di racconto, e come vocazione: per cultura, per nascita, per educazione.
Gli incontri come percorso di vita e di lavoro.
Da Sorrento in poi, con l’entusiasmo e l’allegria degli anni di bambina con Donna Elena Fasulo di Torrelupara (sua madre), Giuliana Gargiulo vive con passione quasi ottocentesca ma con il rigore e l’attenzione tenace e vivace di donna assolutamente contemporanea.
Raccogliere fotografie, conservare, ricordare l’aiutano a collocarsi nello spazio e nel tempo, sempre alle prese con una storia da raccontare, o con nuove storie da scrivere. Giuliana vede e racconta a suo modo, sempre parlando, memoria e parole sono le sue eterne compagne di viaggio, la sua voce è sempre gioiosa. Come la sua vita. Una lunga vita artistica e professionale, da lei stessa narrata prima nel mini libro “Una storia mia” (2003) e in maniera più ampia in “Colpo di scena” (Graus Editore, 2016): iniziata con l’esperienza fatta in teatro con Eduardo, subito dopo l’incontro con Vittorio De Sica in occasione del film “Pane, amore e…”, per poi proseguire, dopo matrimonio e due figlie, con incontri, viaggi, presentazioni, interviste (undicimila, pubblicate su settanta diverse testate nazionali e regionali), incarichi (Consigliere di amministrazione per un decennio del Teatro Stabile di Napoli, Consigliere AIRC e Amici del San Carlo…), presentazioni, eventi, film, programmi radio e quant’altro.
Inarrestabile e ottimista, instancabile quanto determinata, Giuliana ha fatto della vita, segnata anche da non pochi incidenti di percorso, un’occasione di partecipazione.
Intervistatrice attenta di protagonisti del mondo dello spettacolo, della cultura, dell’arte, non fa distinzione nel suo approfondimento tra vincitori di Nobel (Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini…) e Oscar (Piero Tosi, Loren, Liz Taylor, De Sica, Fellini, Nicola Piovani…) e giovani artisti debuttanti o emergenti, purché ne intuisca o intercetti il talento.

“E se non puoi la vita che desideri, cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla…(Kostantinos Kavafis)”

Che ricordi hai della tua infanzia? Che tipo di ragazzina eri?
Ho avuto la fortuna e il privilegio di essere nata a Sorrento, a Villa Gargiulo, in una  famiglia con un  nonno scrittore, Manfredi Fasulo, nipote di Nicola, avvocato e martire della Rivoluzione del 1799, papà ingegnere appassionato di pittura, figlio e nipote dei “reinventori” della tarsia sorrentina, uno zio a Londra che amava la lirica e soprattutto una madre meravigliosa, Elena, donna libera e generosa nel pensiero e di mentalità aperta. Sorrento era un piccolo paese “gentile”, amato e frequentato dai reali di mezza Europa, senza una profumeria ma con un transito continuo di personaggi internazionali, anche per gli “Incontri del Cinema”. Nel salotto di casa arrivavano tanti ospiti, Roberto Rossellini, Eduardo, Roberto Pane (mentre parla indica il ritratto che il grande architetto e scrittore volle dedicare a sua madre, ndr)… E, un bel giorno, anche l’attore Rossano Brazzi, in partenza per gli Stati Uniti per girare “Piccole donne” con Elisabeth Taylor e “Tre soldi nella fontana” con Katharine Hepburn… puoi immaginare cosa non si scatenò, in anni in cui non esisteva nemmeno la televisione, nella mente di una ragazzina di 9 anni che, quasi ogni giorno, andava al cinema con la mamma! Brazzi mi chiese cosa avrebbe potuto regalarmi da Hollywood ed io, senza esitazioni, dissi: “Tutto quello che serve per diventare un attrice!” Quel “tutto” arrivò, qualche mese dopo, una scatola di trucchi da Hollywood che, se nel paese diventò argomento di “stupore”, per me fu la felicità!

Il tuo primo ricordo di donna?
Credo coincida con il matrimonio a Sorrento nella Chiesa dei Servi di Maria, che ha segnato tutti gli accadimenti di famiglia.

Hai scritto nel tuo ultimo libro “Colpo di scena” che da piccola sognavi di fare due cose: la giornalista e l’attrice. Così è stato. Oggi, anche attraverso la tua instancabile attività, il teatro sembra sempre essere per te il grande riferimento della vita.
Il teatro è stato e continua ad essere il mio grande amore. Per paradosso dico sempre che vorrei una tomba a forma di poltrona! Nel salotto della casa a Napoli ne ho una “di platea” del Teatro San Carlo, ma ho anche un’enorme sagoma di “Via col vento” con Clark Gable e Vivien Leigh che si baciano! Poi tante locandine, bozzetti, dediche, fotografie, cimeli… Il teatro e il cinema sono il mio habitat. Quando assisto ad uno spettacolo – naturalmente con le mie predilezioni – sento che sono al “mio” posto, nel mio luogo dell’anima.

Hai debuttato a teatro nella “Scarpettiana”, la mitica compagnia di Eduardo de Filippo. Cosa porti con te di quella esperienza?
Eduardo è stato un grande maestro. Un incontro quasi fatale per la minorenne che ero. La mia vita è stata segnata da grandi maestri e grandi esempi. Da giornalista, la domanda che faccio sempre ai protagonisti delle mie interviste è: “chi ti ha insegnato di più nella vita?”, un concetto che continuo a trasmettere a figlie, nipoti, amici cari. Gli esempi e i maestri contano nella vita più di ogni altra cosa, credo addirittura che possano incidere sulla formazione di una persona, al di là dell’affetto, naturalmente, anche più della famiglia o degli amori. Ho avuto tanti maestri, a cominciare da Gaetano Salvemini che, a 13 anni, non sapevo fosse il più grande storico italiano. Dopo vent’anni in America, il professore aveva scelto di ritirarsi a “La Rufola”, la grande villa al Capo di Sorrento dove la marchesa Titina Benzoni Ruffino e sua figlia Giuliana ricevevano i più grandi esponenti del mondo culturale e che io, da bambina, frequentavo con i miei genitori. Salvemini diede una bella strigliata alla mia “cultura”. Il professore e Eduardo continuano ad essere onnipresenti nella mia formazione, nella mia dirittura mentale, nella mia maniera di guardare la vita, sempre una grande occasione! Amo molto la vita.

Cosa ti manca del tuo lavoro di attrice?
Devo ammettere che, a distanza di tanti anni, ho un certo languore. Di recente, su RaiUno, sono stata protagonista di una puntata de “I Bastardi di Pizzofalcone”. Facevo Rosetta Tortora, una zia affranta dal dolore per l’uccisione di sua nipote, e mi è piaciuto molto tornare in camerino, sul set, lavorare con il regista Alessandro D’Alatri, con Alessandro Gassman, che conosco da bambino, con un cast pieno di attori napoletani talentuosi e con una produzione così precisa e professionale. Con il giusto copione, chissà, potrei anche decidere di ritornare…

giuliana gargiulo

Gli incontri significativi sembrano essere la costante della tua vita: rapporti avviati dapprima in termini professionali e poi tradotti in rapporti di grande e solida amicizia.
È così. Piero Tosi, grande maestro del cinema mondiale, genio assoluto, “Premio Oscar per il costume”, ha segnato i miei anni più recenti. Scoprii il suo lavoro immenso, la sua ricerca quasi pittorica con “Senso” di Luchino Visconti, con Alida Valli. In seguito in un ruolo di contorno nel film “La Pelle” di Liliana Cavani, tratto dall’omonimo libro di Curzio Malaparte, fui vestita da lui! Giravo una scena con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale mentre Piero controllava che tutto fosse perfetto, anche l’orchidea alla scollatura che volle cambiare più volte! Da allora gli incontri si sono moltiplicati, fino a trasformare le interviste nelle tante occasioni di amicizia condivise nella sua casa romana… privatissima. Fino alla sua scomparsa Piero Tosi è stato un enorme riferimento di cultura e di affetto!

L’amicizia è dunque uno dei valori assoluti per te.
Senza dubbio. Grande e cara amica è stata Graziella Lonardi Buontempo, organizzatrice instancabile di eventi culturali legati all’arte contemporanea. Mi manca quotidianamente, e sono stata felice che sua nipote Gabriella Buontempo, oggi straordinaria produttrice tv, le abbia dedicato un film in cui sono molto presente. Con Graziella ho condiviso tantissimo, i primi viaggi in India, il cinema napoletano a New York, i soggiorni estivi a Favignana e Sabaudia, per anni il Premio Malaparte a Capri… La intervistai per il mio primo libro, “Napoli Donna”. Di caratteri diversi, ci accomunava un approccio alla vita di grande curiosità, di interesse culturale, con il gusto della scoperta e della conoscenza. Non eravamo mai ferme, sempre con la voglia di fare qualcosa… Graziella, andando oltre, aveva sperimentato il mondo dell’arte ed io il giornalismo. Di rara bellezza, sapeva coltivare occasioni e incontri con gli artisti. Fu lei a cercarmi negli anni Settanta, sapendo della mia amicizia con Carla Fracci, che voleva conoscere. Un giorno mi telefonò: “Sei a Sorrento, perché non vieni a trovarmi a Capri?”

Il senso dell’amicizia tra te e Carla Fracci è immortalato anche in un libro assai raro, pubblicato qualche anno fa, sviluppato in un originale alfabeto che traccia un ritratto molto particolare della grande etoile, suddiviso per voci, di argomento in argomento, “Dalla A alla Z”, come recita il titolo (Graus Edizioni).
Dal primo settembre del 1958, senza interruzioni, Carla è stata centrale nella mia vita. Ero al Piccolo Teatro di Milano per l’inizio delle prove dello spettacolo inaugurale della stagione, “Pulcinella in cerca della sua fortuna per le strade di Napoli” di Altavilla, regia di Eduardo, scene di Mario Chiari, assistenti alla regia Beppe Menegatti e Gilberto Tofano. Cominciò così, sul palcoscenico di via Rovello, la mia amicizia con Beppe, alla quale avrebbe fatto seguito quella con Carla. La prima volta che la vidi fu in fotografia. In un intervallo delle prove Beppe mi chiese di accompagnarlo all’edicola di Piazza Castello per acquistare “Gente”. Sul settimanale un grande ritratto di Carla, fotografata da Tony Armstrong Jones, diventato Conte di Snowdon per il matrimonio con Margaret d’Inghilterra. Da allora, e fino alla sua recente fine, l’amicizia non si è mai interrotta. Insieme abbiamo viaggiato, parlato, vissuto. Con Carla ho attraversato il mondo, non solo geografico, ma della danza. A Hollywood con Franco Zeffirelli e Jack Nicholson, a Washington con il Presidente Gerald Ford e il segretario di Stato Kissinger, poi a New York con Clive Barnes, potente critico del New York Times e ancora Londra, Parigi, Helsinki… L’ho vista ballare in spettacoli di ogni genere, ho assistito a prove e lezioni, ho imparato a riconoscere un passo e capirne le difficoltà, a identificare il talento e le qualità necessarie a ballare, l’ho seguita in occasioni di interviste televisive e conversazioni in pubblico… Attraverso Carla  ho capito anche  la determinazione caratteriale e la capacità aerea di ballare. L’arte, il successo, la qualità, l’armonia, il buon gusto, hanno accompagnato il naturale buon senso di Carla, una sua grande forza: nella carriera come nella vita. Credo di non averla mai sentita alzare la voce, anche se, con competenza e intransigenza, più volte ha chiarito il senso delle cose. Per anni è stata piuttosto silenziosa. Ascoltava con attenzione e il più delle volte taceva. Nel corso dei decenni della nostra amicizia, tra le più belle e care della mia vita, mai uno screzio, un malinteso, un’arrabbiatura. Anche se il temperamento non è mai mancato ad entrambe. 

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È (stato) difficile essere amica di una star mondiale come Carla Fracci?
Difficile mai, lei era una luce, l’immensa ballerina che è stata, l’unica che ha ballato nei cinque continenti… Siamo vissute amando la famiglia, il lavoro, gli amici, lei seguendo suo figlio Francesco, io le mie Eleonora ed Elisabetta. Un’amicizia forte per sincerità e lealtà. Con affiatamento non comune abbiamo condiviso musica, spettacolo, teatro, interpretazioni, musei, incontri, letture, progetti… Anche abitando in città diverse, le occasioni importanti ci hanno sempre visto insieme: i matrimoni dei figli, le grandi prime, le celebrazioni teatrali, i gala, gli anniversari di famiglia. Credo di aver visto Carla in “Giselle”, e non solo in Italia, almeno un centinaio di volte, in coppia con grandi partner: Rudolf Nureyev, Vladimir Vassiliev, Paolo Bortoluzzi, Gheorghe Iancu, Ivan Nagy, Misha Baryšnikov. In cinquant’anni circa di conoscenza, non ci siamo mai perse di vista, coltivando sempre la nostra amicizia. 

Il mondo della danza è entrato nella tua vita anche con il ballerino russo Rudolf Nureyev.
Unico e indimenticabile! La persona più difficile che abbia mai conosciuto! Talmente segnato dal dolore, era incontenibile, come un bambino: non era possibile prevedere le sue reazioni, spesso eccessive, né era possibile calmarlo… L’ho visto soffrire come un disperato. Ma era normale: a 21 anni, a Parigi, per la prima volta fuori dalla Russia sovietica, decise in pochi minuti di rinunciare a sua madre, alla sua terra, alla sua scuola di ballo, ai suoi amici… lanciandosi tra le braccia di un agente della polizia francese chiedendo asilo politico! Una volta, dopo un trionfo in teatro, prima di entrare alla Casa Bianca, gli chiesi: “Sei felice, Rudolf? Sei orgoglioso di questo successo? Boati di “bravo”, venti minuti di applausi, tanti riconoscimenti…” Due lacrime gli segnarono il viso e, nel suo italiano semplice, mi disse: “Che importa me, se io non può vedere mia mama?” Dopo trentanove anni di lontananza Rudolf, per concessione di Gorbaciov, poté tornare per un giorno in Russia e rivedere la madre che era in fin di vita e, dopo 24 ore, spirò.

Come vi siete conosciuti?
Il nostro primo incontro è cancellato dagli anni che poi abbiamo condiviso. La prima volta fu alla Fenice di Venezia, ero un’appassionata di balletto che gli chiese l’autografo, che ci immortalò in una foto che ancora conservo. La seconda fu alla Scala di Milano, lui nel ruolo del principe Albrecht in una delle più belle edizioni di “Giselle”, con Carla. Irraggiungibile, bellissimo, correva attraversando il palcoscenico facendo volare il grande, principesco mantello: una magia. Ci ritrovammo dopo lo spettacolo a cena a casa di Carla e, da lì, è stato un susseguirsi di interviste e di spettacoli. L’amicizia è nata quando ha deciso di acquistare l’Isola dei Galli, nel mare al largo di Positano. Le nostre estati volavano… Lui mi chiamava “Gioiosa”, abbiamo condiviso occasioni straordinarie come l’arrivo, sulla “sua” isola, del Presidente Vaclav Havel, di Leonardo Mondadori, di Lina Wertmüller e tanti altri. Una sera lo convinsi ad andare a vedere Carla che avrebbe ballato a Salerno. All’imbrunire partimmo dall’isola con un barchino a motore che andava lento sul mare, ed io parlavo, parlavo, e raccontavo della costa, di Sorrento e di Eduardo nell’altra isola vicina, Isca, quando lui a un certo punto disse: “Prego, non parla più Gioiosa, ascoltiamo il silenzio del mare”. 

A Sorrento, agli anni dell’adolescenza, risale il legame con Renzo Arbore.
Sì. Renzo è una specie di fratello. Piombò nella vita di Gerardo, mio fratello maggiore, quando noi studiavamo a Napoli. Noi abitavamo in via Martucci e lui a Piazza Amedeo, a pochi passi. Li univa la passione immensa per il Jazz, erano entrambi fanatici pazzi persi per Louis Armstrong: Gerardo suonava il trombone e Renzo il clarino. Una frequentazione che si tramutò ben presto in un’amicizia fortissima. Renzo era spesso nostro ospite a Villa Gargiulo. Ho ascoltato in anteprima nel salotto di casa tante sue composizioni, alcune ancora inedite, tra cui “Sono vecchia, racchia e paralitica” che lo esorto sempre a pubblicare. Renzo è un amico del cuore, ha fatto il grande cammino che ha fatto ma non ci siamo mai persi.

Testo: Ciro Cacciola

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