Ogni anno nel mese di marzo è di rito un appuntamento da non perdere quello della Settimana Mondiale del Cervello, con lo scopo di diffondere le conoscenze sui progressi e benefici della ricerca scientifica sul cervello.
In questa settimana tutto il mondo è attivo per raccogliere una sfida globale lanciata dalla Dana Alliance for Brain Initiatives che dà l’opportunità di concentrare l’attenzione sulle scienze del cervello e sull’importanza della ricerca in questo ambito. In Italia la Settimana del Cervello è promossa da Hafricah.NET, portale di divulgazione neuroscientifica che dal 2007 fa divulgazione dei più recenti studi del settore, attraverso la raccolta degli eventi su questo sito web https://www.settimanadelcervello.it/settimana-del-cervello-2023-date/.
Nel corso di un talk in presenza che si è svolto il 15 Marzo presso Palazzo delle Stelline, dal titolo ‘Il cervello regista della Salute’ e moderato da Susanna Messaggio, medici, neuroscienziati, esperti di Intelligenza Artificiale, specialisti della salute mentale hanno relazionato su temi avvincenti riguardo la scienza del cervello e le sue interconnessioni con la salute psicofisica.
Cervello e traumi: il contributo dell’EMDR
Cosa provoca a livello neurobiologico un trauma nel cervello? Quale è il contributo dell’EMDR alla psicoterapia? A queste domande hanno dato risposta la Dottoressa Isabel Fernandez Presidente Associazione EMDR Italia ed il Prof. Marco Pagani Dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISTC-CNR). L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è stato utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici ad oggi è considerato il trattamento evidence-based per il DSPT (Disturbo da Stress Post Traumatico), validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma.
L’obiettivo è di mettere in luce il ruolo del trauma nella psicopatologia e il contributo dell’EMDR in ambito clinico, con un particolare focus ai diversi ambiti di ricerca. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito allo sviluppo di conoscenze, strumenti, linee guida internazionali che hanno rilevato l’importanza di interventi psicologici con il metodo EMDR in situazioni traumatiche individuali e collettive.
L’EMDR come trattamento ci aiuta ad andare dal trauma alla resilienza, lavorando sia sull’individuo che sulla comunità, soprattutto per i minori e le popolazioni più esposte che hanno bisogno di interventi psicologici specialistici. La letteratura scientifica in questo campo sottolinea l’importanza di intervenire nelle varie fasi del trauma in modo da prevenire disturbi mentali, di neutralizzare fattori di rischio e soprattutto di promuovere la capacità di adattamento e di crescita post-traumatica.
Studi di impronta neurobiologica e clinica convergono nel confermare un impatto importante dell’EMDR sulle patologie che interessano il sistema limbico. I nostri studi si sono focalizzati sui meccanismi disfunzionali che causano la sindrome da stress post-traumatico e su come l’EMDR agisca nel disinnescare il circolo vizioso che li alimenta. Più recentemente abbiamo evidenziato il ruolo determinante dell’EMDR nel ridurre i sintomi dei disturbi d’ansia e da stress nel caso dei traumi vicari.
Il dialogo tra intestino e cervello: quale ruolo al microbiota in salute e malattia
Sulle interconnessioni bidirezionali tra cervello ed intestino ha relazionato il Professor Giovanni Marasco Gastroenterologo e Dirigente Medico presso IRCCS S. Orsola, Ricercatore presso l’Università di Bologna e Referente scientifico Schwabe Pharma Italia. L’intestino è il più grande organo dell’uomo con funzione endocrina e immunitaria; inoltre ospita la più ampia comunità batterica commensale. Si stima che ci siano 100 milioni di neuroni solo nell’intestino tenue umano, rendendo il sistema nervoso enterico (ENS) il distretto a più ampia concentrazione di neuroni al di fuori del cervello.
Ogni neurotrasmettitore presente a livello del sistema nervoso centrale si trova anche nell’ENS. Tuttavia, l’intera estensione e funzionalità dei circuiti neuronali enterici rimane ancora da comprendere completamente. L’asse intestino-cervello (gut-brain axis) consiste nella comunicazione bidirezionale tra il sistema nervoso centrale e quello enterico (ENS), collegando i centri emotivi e cognitivi del cervello con le funzioni intestinali periferiche.
Recenti evidenze suggeriscono un ruolo centrale del microbiota intestinale nell’influenzare queste interazioni. L’interazione tra microbiota e GBA sembra essere bidirezionale, vale a dire attraverso l’invio di segnali dal microbiota intestinale al cervello e dal cervello al microbiota intestinale mediante collegamenti neurali, endocrini, immunitari e umorali. Difatti l’intestino può influenzare l’umore, le funzioni cognitive e la salute mentale.
Alcuni disturbi dell’umore, come l’ansia e la depressione sono collegati con alcuni disturbi gastrointestinali come la diarrea o la stipsi. Parallelamente, le malattie gastrointestinali, come ad esempio la sindrome dell’intestino irritabile, spesso si presentano in associazione a comorbidità psicologiche. In entrambi i casi, i dati più recenti mostrano che è presente una alterazione del microbiota intestinale.
Ulteriori evidenze dimostrano come la modulazione del microbiota intestinale, ad esempio mediante la dieta o l’uso di probiotici, possa influenzare le funzioni cognitive e la salute psicologica dei soggetti.
Il Team brain Flow e le ricerche sull’insufficienza Venosa Cerebrospinale
Lo stato dell’arte, le più recenti evidenze e conoscenze in merito all’Insufficienza Venosa Cerebrospinale cronica, sono state al centro della relazione curata dal Dott. Tommaso Lupattelli Specialista in Chirurgia Vascolare e Radiologia Interventistica Gruppo Gvm Care & Research.
L’ insufficienza venosa cerebrospinale cronica (CCSVI) e’ una patologia vascolare congenita che comporta la presenza di stenosi (restringimenti), malformazioni venose e collateralizzazione (formazione di vasi collaterali) del flusso nelle principali vene del collo che drenano il sistema nervoso centrale. Queste alterazioni sono state associate con gradienti di pressione significativi misurati lungo le stenosi e anomalie venose presenti nella vena azygos e/o nelle vene giugulari interne (IJV).
La presenza di stenosi della vena IJV e/o della vena azygos, limita il normale flusso di sangue dal cervello e dal midollo spinale e può essere un fattore importante nell’insorgenza di alcune patologie, principalmente la malattia di Meniere, la cefalea cronica refrattaria ai farmaci e la sclerosi multipla, dove l’infiammazione perivenosa (attorno alle vene) multifocale o demielinizzazione (assottigliamento o perdita della guaina mielinica, lo strato che ricopre le fibre nervose) nel sistema nervoso centrale è risaputo essere una conseguenza della rottura della barriera emato-encefalica a causa di aumento della pressione transmurale, seguita da stravaso di globuli rossi, plasma e ferro, con conseguente danno alla tolleranza immunitaria e la propagazione a cascata di eventi infiammatori e risposte immunitarie che possono persistere nel tempo.
Nel corso degli ultimi anni lo studio della CCSVI ha comportato un netto miglioramento delle conoscenze di questa affezione vascolare, grazie anche alla definizione di criteri diagnostici e terapeutici che hanno consentito un miglioramento dei risultati clinici nei pazienti sottoposti al trattamento di angioplastica percutanea delle ostruzioni venose sovracitate.
La letteratura scientifica internazionale, sebbene ancora in parte controversa anche e soprattutto per la grande complessità e vastità delle patologie potenzialmente coinvolte dalla concomitante possibile o accertata presenza della CCSVI, ha evidenziato progressivamente l’assoluta necessità di approfondire sempre di più questa grande scoperta nel campo delle neuroscienze. Il Team brain Flow, si occupa attivamente della diagnosi e trattamento della CCSVI dal 2010 ed ha al suo attivo una casistica di più di 2700 pazienti trattati.
Neuromodulazione e Depressione Maggiore. Nuove frontiere di trattamento
Cosa significa soffrire di depressione farmacoresistente oggi? Verso quali orizzonti terapeutici ci apre la Stimolazione Magnetica Transcranica? A queste domande ha risposto la Dottoressa Beatrice Casoni, Specialista in Psichiatria e Direttore Sanitario della clinica neurocare di Bologna.
Soffrire di depressione significa anzitutto convivere con un disturbo che comporta molto dolore interiore. Chi ha una forma di depressione, o ha avuto esperienza con un amico o un familiare depresso, sa che trovare una via d’uscita può essere difficile. Soprattutto se la depressione è resistente ai farmaci. A questo, si aggiungono anche altre problematiche, come le frequenti assenze dal lavoro, l’interferenza nella vita sociale, la difficoltà ad occuparsi di sé, della propria famiglia, della casa.
La depressione, quindi, è una patologia che condiziona a 360 gradi la vita di chi ne soffre. Dalla fine degli anni Novanta, grazie ai progressi della ricerca scientifica, sono emerse nuove terapie per la depressione. In particolare, la Stimolazione Magnetica Transcranica nel 2008 è stata approvata dalla Food&Drug Administration degli Stati Uniti d’America come trattamento di classe A per la depressione.
Successivamente, ha ricevuto l’approvazione anche dall’Unione Europea, tramite marchio CE. La Stimolazione magnetica transcranica è una tecnica di neuromodulazione non invasiva. La TMS è in grado di modulare la comunicazione tra i neuroni della specifica area del cervello deputata al disturbo che si vuole trattare. La terapia è indolore e funziona applicando un campo magnetico attraverso una bobina (coil di stimolazione), posta sul capo del paziente. La stimolazione magnetica è una terapia di precisione: se pensiamo al farmaco, sappiamo che, arrivato nello stomaco, entra nel circolo sanguigno e attraversa diversi organi, provocando spesso effetti collaterali.
Al contrario dei farmaci invece, la stimolazione magnetica viene applicata direttamente ed esclusivamente sull’attività dei neuroni della zona cerebrale sulla quale vogliamo intervenire. La neurocare clinic di Bologna fa parte del gruppo internazionale neurocare, presente con oltre 18 cliniche nel mondo. Dal 2020 si occupa di neuromodulazione, proponendo trattamenti integrati per la cura di disturbi psichiatrici e neurologici. I percorsi neurocare sono personalizzati in base alle esigenze del singolo paziente e prevedono trattamenti di neuromodulazione, psicoterapia e terapie farmacologiche, per ottenere la miglior efficacia possibile.
La robotica di telepresenza come strumento operativo ed inclusivo.
Sul tema della robotica di telepresenza è intervenuto Sebastian Vadalà Founder di Genius Robotics. La robotica di telepresenza è una tecnologia che consente alle persone – tramite il semplice collegamento da PC o smartphone – di essere presenti ovunque nel mondo, offrendo una reale presenza fisica come soluzione per superare le “distanze”. La robotica assistiva e di telepresenza consente quindi a tutte le persone – che per varie ragioni (distanza, ospedalizzazione, disabilità, reclusione, etc. ) non abbiano la libertà di muoversi fisicamente di spostarsi nello spazio, di partecipare attivamente da remoto alla vita sociale e di fruire di esperienze turistiche, culturali e formative.
Quali sono le tipologie di persone che possono beneficiare di tale innovazione? Tutte, incluse persone con disabilità psichica, sensoriale e motoria. La robotica di telepresenza ad oggi sta avendo una buona diffusione in Italia in particolare nei settori legati all’Istruzione ( Scuole ed Università ) alla Cultura e al Turismo ( visite museali ) . Rispetto ad un videocollegamento per la teledidattica o ad un virtual tour per una visita museale, la robotica di telepresenza offre numerosi vantaggi come la libertà di muoversi senza dipendere da nessuno ( accompagnatori, persone che muovono i PC, etc. ), un elevato coinvolgimento emozionale, il mantenimento dei rapporti sociali, e relazioni affettive, grazie all’opportunità di interagire con l’ambiente e le persone e la possibilità, da parte delle Istituzioni, di coinvolgere persone con disabilità, in varie attività, attraverso la tecnologia.
L’Università di Padova, ad esempio, utilizza la robotica di telepresenza per l’inclusione degli studenti sia per la didattica ordinaria sia per le visite al Polo Museale di Ateneo a Palazzo Bo. Club sportivi come Roma Calcio l’hanno utilizzata per l’inclusione di alcuni tifosi su specifiche esperienze legate a disabilità.
Un’Associazione di promozione turistica ha invece utilizzato la robotica di telepresenza per l’inclusione di uno studente, con una malattia autoimmune, che lo costringeva a soggiornare in ambienti asettici, di visitare le Dolomiti. Il club sportivo della Sampdoria Calcio ha permesso ad alcuni giocatori di visitare i bambini ricoverati presso il reparto di pediatria dell’Ospedale Gaslini. Durante l’intervento si è svolto un collegamento – in telepresenza con robot Ohmni – con Marianna Condito, studentessa e modella senza “barriere” che ha fornito una testimonianza diretta sulle opportunità della robotica di Telepresenza.
La settimana del Cervello – conclude la moderatrice del simposio Susanna Messaggio- è uno dei più rilevanti format di divulgazione delle neuroscienze a livello internazionale.